Artemisia. Il ritratto di Simon Vouet


Una donna ci osserva con sguardo sicuro, nella mano destra il toccalapis per disegnare e nella sinistra i pennelli, il bastone reggipolso e una tavolozza piena di colori. Sul corpetto giallo, in prossimità del cuore, sfoggia un medaglione raffigurante un edificio con la scritta “Mausoleion”. Terza meraviglia del mondo antico, il Mausoleo venne fatto edificare ad Alicarnasso dalla principessa Artemisia per Mausolo, suo fratello e marito. L'indizio colto e raffinato del medaglione, e gli strumenti della pittura, rimandano con certezza ad Artemisia Lomi Gentileschi, pittrice di origini pisane, amica e collega dell'artista francese Simon Vouet, che nel 1623, con sontuoso realismo, ha restituito le sue sembianze e il suo carattere deciso. Superate le estreme difficoltà personali, Artemisia, posa - appena trentenne - come una donna e un'artista affermata dell'ambiente romano, dove gode, finalmente, della stima di colleghi e della protezione di mecenati come Cassiano Dal Pozzo. Dopo il successo ottenuto a Roma, e dopo un soggiorno a Venezia, Artemisia decide di recarsi a Napoli, dove – nel 1632 - realizza Clio, Musa della Storia. Nel dipinto napoletano, che coincide con la maturità dell’artista, la figura femminile si presenta in una posa classica, con la mano sinistra appoggiata sul fianco e una corona d’alloro sul capo, simbolo d’immortalità. Con la mano destra sorregge invece la Tromba, simbolo della Fama, attributo essenziale per essere ricordati dalla Storia. Sul libro aperto Artemisia ha riportato la data, la sua firma e il nome di un certo François Rosières, quasi a voler assicurare all’eternità il nome del personaggio e, in un gesto di profonda consapevolezza, anche la sua posizione di spicco nel mondo artistico, che era, all'epoca, mondo di uomini, e privilegio di poche donne.