Confini, frontiere, terre di confine negli Stati Uniti


ARNALDO TESTI (Università di Pisa)

Gli Stati Uniti hanno, come tutti, dei confini statuali. Perché nella loro storia hanno elaborato un’idea di frontiera [Frontier] che sembra contradittoria con quella di confine [border]? Laddove la frontiera indica un’area di mobilità, di espansione, di conquista, di apertura al futuro e all’ignoto; mentre il confine indica l’esatto opposto, e cioè limite, chiusura, protezione, difesa? Perché negli ultimi decenni il confine ha cessato di essere una semplice linea per diventare una fascia territoriale piuttosto profonda [border zone] in cui le autorità esercitano poteri di polizia tipici dei posti di confine? Perché la border zone è anche una borderland, ovvero una regione in cui culture diverse di nuova e vecchia immigrazione si scontrano, convivono, si contaminano? Perché il confine con il Messico è il cuore di questi sviluppi, ferita aperta ma anche finestra di opportunità fra il Nord e il Sud del mondo? Perché l’idea di un muro, dunque? Forse la negazione finale della vecchia idea di frontiera?


ARNALDO TESTI è stato professore ordinario di Storia americana all’Università di Pisa. Si occupa di storia politica e sociale degli Stati Uniti fra Ottocento e Novecento. Il suo articolo più recente è “The Two American Populisms, and the Populism That Isn’t”, in Thinking Democracy Now (a cura di Nadia Urbinati, Feltrinelli 2019). Fra i suoi libri ci sono: Il secolo degli Stati Uniti (Il Mulino 2017), La formazione degli Stati Uniti (Il Mulino 2013) e Capture the Flag: The Stars and Stripes in American History (New York University Press 2010). Scrive di affari correnti per diverse pubblicazioni e sul suo blog, Short Cuts America.