La rivoluzione spirituale di Wassily Kandinsky affonda in un ricordo. Nel 1889, giovane rìcercatore, si ritrovò nelle piccole case di un villaggio perso nel cuore più antico della Russia. Penetrando in quelle stanze, raccontava, “mi ritrovai circondato da ogni parte dalla Pittura: come se io stesso fossi penetrato nella Pittura”. Kandinsky aveva serbato memoria: voleva far camminare le persone dentro i suoi quadri. La mostra che Palazzo Blu ha dedicato a Kandinsky nel 2012 ci ha portato dentro quella arcaica magia: nel padre dell’astrattismo europeo abbiamo scoperto, celato, il tesoro spirituale della Russia più profonda. Tra richiami sciamanici e fiabe incantate abbiamo scovato l’amore di Kandinsky per un’arte pura e intatta; negli anni a Monaco e a Parigi affiorava la sua nostalgia per una Russia vagheggiata: le cupole tonde, i colori vivi; nei suoi cavalieri, azzurri e non, risuonava l’eco della lotta di San Giorgio contro un presente oscuro e per un’età dello spirito. Tra Natura, forme e colori abbiamo trovato folgorazioni e ripensamenti: “l’arte è simile a una religione, il suo sviluppo procede per illuminazioni repentine, simili al lampo”. Ovunque, in quella sua arte da determinarsi, fatta di sostanza sottile come la musica, abbiamo assistito al miracolo della creazione: “ogni opera nasce come è nato il cosmo”.
© 2012, State Russian Museum, St. Petersburg