Tra i dipinti della collezione novecentesca di Palazzo Blu spicca una veduta familiare e contemplativa, sospesa in un silenzio denso e straniante.
Si tratta di un dipinto della serie che Giuseppe Bartolini (1938-) dedicò all’Orto botanico, luogo - per il pittore - di consuetudine ed elezione, per quel suo potere di allontanare dal fiato corto e rotto di una città brulicante e di offrire invece visioni simboliche di una natura senza tempo da cui spuntano, lontani e quasi metafisici, monumenti testimoni di generazioni perdute.
La tecnica di Bartolini valorizza il realismo analitico della fotografia, che è sempre il punto da cui il pittore parte. Nelle ripetute stesure di colore dato a piccole pennellate, nella sensibilità luministica che accende ogni singola foglia degli alberi in primo piano e fa sprofondare i bordi bassi in un nero cupo mentre trasforma il cielo in una quinta grigia, neutra e astratta, prende corpo tuttavia un paesaggio mentale, filosofico, permeato da un’inquietudine sottile che talvolta si reifica, come nel misterioso ferro che spunta sulla destra.
“Ho sempre voluto dipingere nei miei quadri l’istante in cui qualcosa si manifesta e rimane lì sospesa - diceva il pittore - il senso di un’appartenenza misteriosa, diventata subito silenzio, solitudine, clamore pacato. Desidero collocare i miei quadri al centro di un vuoto e lasciare che il silenzio li invada”