Nel 1949, sulle mura dei palazzi ancora distrutti dai bombardamenti, iniziarono ad apparire i manifesti di “Via col vento”, che usciva in Italia dieci anni dopo il lancio a Hollywood: in quei manifesti, il bacio che Rhett Butler (Clark Gable) rubava a un’abbandonata Rossella o’Hara (Vivien Leigh) accendeva la passione dello stesso colore di cui bruciava la città in guerra, sullo sfondo. L’amore resisteva alla distruzione, dava speranza: “dopotutto, domani è un altro giorno”; ben lo sapeva Silvano Campeggi, che aveva disegnato quel cartellone e che interpretò al meglio il desiderio degli italiani di trovare nel cinema di Hollywood un terreno di evasione dove coltivare sogni e la voglia di ripartire. A Silvano “Nano” Campeggi (1923-2018), uno dei più importanti cartellonisti italiani, Palazzo Blu dedicò una mostra molto ricca nel 2017: da “Casablanca” a “Cantando sotto la pioggia”, da “Ben Hur” a “West Side Story” Nano aveva trovato il modo di restituire l’immaginario promesso da un film, con pochi, folgoranti segni e un uso audace di colore e ritratto: «bastava mezza faccia, bastava una mano per raccontare un film»; e, spesso, per decretarne il successo. Capace come pochi di appropriarsi del carisma dei volti, nel 1957 Nano fu chiamato a Hollywood per fare un ritratto a Marilyn Monroe. Era un episodio che amava raccontare: «Inizio a dipingerla. Silenzio assoluto. Entro in sintonia. Il cuore mi batte. Anche lei partecipa [...] chi posa deve partecipare, dare l’anima, un attimo, una scintilla… Ecco, il foglio si è riempito del fascino che la diva emana. Sono elettrizzato, ho finito. Sento un coro di “very, very good”».