Elena Dundovich, (Università di Pisa)
Giovedì 11 marzo 2021
Negli anni ’90 la Federazione russa guardò all’Occidente e all’Unione europea con fiducia e ottimismo. All’inizio del decennio El’cin maturò la convinzione che fosse possibile cooperare con Bruxelles sul piano economico e politico, in modo da rafforzare il sistema di sicurezza europeo anche nell’ottica di una maggiore indipendenza dalla NATO. Già a partire dal 1996 l’idillio cominciò a infrangersi. La guerra in Cecenia, la dottrina Primakov, il primo allargamento della NATO a Est e l’intervento NATO in Kossovo incrinarono quella fiducia e quell’ottimismo pur non mettendoli definitivamente in discussione. Né ciò avvenne nei primi anni della nuova presidenza Putin, quando, almeno sino al 2003, la Federazione rimase disponibile alla collaborazione con gli Stati uniti e l’Unione europea. Furono l’attacco in Iraq, le rivoluzioni colorate, il secondo allargamento a Est ad avviare una fase di netto declino nelle relazioni tra Mosca e Bruxelles che, da allora, non si è più arrestato.
Elena Dundovich è docente di Storia delle relazioni internazionali e Storia dell’Europa orientale al Dipartimento di scienze politiche di Pisa. Le sue pubblicazioni più recenti includono i volumi Bandiera Rossa trionferà? (Franco Angeli, 2017) e Cornobyl’. L’assenza (Passigli, 2012), e, sul tema specifico della conferenza, gli articoli Between Hopes of Collaboration and Lost Opportunities: The NATO-Russian Relationship (2020) e The Russia of Yeltsin Looks to Europe (2019)