Un mondo di piccole cose si potrebbe definire il mondo di Viviani, un “mondo crepuscolare”, dove i luoghi, gli oggetti e i soggetti della quotidianità (Bocca d’Arno, Marina di Pisa, San Rossore, le cabine al mare, la bicicletta, gli arti ortopedici, fichi e foglie, gli alabastrini “di pessimo gusto” come direbbe Gozzano, i fiori, gli uccellini morti, i cani, i gelatai, i cocomerai), il mondo dell’artista insomma, viene trasfigurato senza peraltro perdere nulla della sua quotidiana dimestichezza. Franco Russoli, infatti, parlava di “un mondo di visionario e di diarista insieme: un inventario ripetuto giorno per giorno dei simboli, oggetti della propria dannazionee felicità”.
Dopo un decennio “sperimentale”, dal 1925 al 1935 circa, in cui si cimenta con la xilografia, con la vernice molle, con la punta secca e naturalmente l’acquaforte e in cui indaga su soggetti tradizionali, l’autoritratto, il ritratto, la scena di genere, il paesaggio, seppure mai interpretati con lo stesso tono, sintomo di una ricerca ancora tutta in fieri di una propria vena poetica, a partire dalla seconda metà degli anni Trenta e per i trent’anni a venire la scelta di Viviani sarà quella di affrontare sempre i medesimi contenuti con qualche rara eccezione dovuta alla gravità e all’urgenza della situazione politica e materiale del momento.