Nasce a Gragnano (Lucca) il 20 ottobre 1918. Nel 1936 conosce a Roma Mafai, Antonietta Raphaël, Giovanni Stradone, e si reca a Parigi, dove ammira Manet, gli impressionisti, Soutine, Vuillard. Rientrato in Valdinievole nel 1938, dipinge le sue prime opere. Nel 1939 conosce lo scrittore Giovanni Comisso e Filippo de Pisis: con entrambi stringerà un sodalizio duraturo. Richiamato alle armi nel 1941 a Bologna, vi conosce Giorgio Morandi. Dopo l’armistizio inizia ad esporre in varie collettive a Pistoia e Montecatini. Nel 1948 torna a Parigi: vi conosce e ritrae Vlaminck, Colette, Léautaud. Nel 1949 tiene la prima personale a Montecatini. Nel 1950 espone alla XXV Biennale di Venezia e vince il Premio “Bagni diLucca”.
Nel 1951 comincia a frequentare l’ambiente fiorentino, stringendo amicizia con artisti come Rosai, Capocchini, Marcucci, Tirinnanzi, Pregno, e con letterati come Palazzeschi, Gatto, Betocchi, Pampaloni. Al 1955 risale la sua prima personale a Firenze, città in cui sceglie di trasferirsi. L’annodopo ritira le proprie opere dalla mostra del Premio Il Fiorino,in polemica col gusto provinciale dominante in città, iniziando nel contempo un fruttuoso rapporto con la Galleria L’Indiano. Continua a esporre a Firenze con cadenza pressoché annuale. Vince il Premio Masaccio a S. Giovanni Valdarno nel 1964 e il Premio Il Fiorino nel 1967. Nel 1982 tiene una grande antologica a Firenze, curata da Carlo Ludovico Ragghianti. Tra le mostre succedutesi negli ultimi due decenni, due americane e due fiorentine: a Palazzo Pitti nel 1997-98, e agli Uffizi nel 2006.
L’acquerello in esame, inedito, databile agli anni 1968-69 come prova il confronto con gli acquerelli di quegli anni (ad esempio quelli esposti a Cortina d’Ampezzo nel 1969) e come conferma la testimonianza diretta dell’autore. “La pittura di Scatizzi è dominata dall’orizzontalità; l’indefinito, l’incertezza nella quale viviamo, la nostra assai disordinata, spesso orgogliosa, sempre solitaria difficoltà spirituale vi è espressa, ma nello stesso tempo confinata a confessarsi con un esercizio di purezza e con tutto il silenzioso dolore che si coagula nelle sue sofferenti striature.”