I Vespri Siciliani

Compagnia FuoriOpera
presenta

I Vespri Siciliani

libretto di Eugène Scribe e Charles Duveyrier
musica di Giuseppe Verdi

PERSONAGGI E INTERPRETI

Elena, Serena Pulpito
Arrigo, Alessandro Mundula
Monforte, Daniele Girometti
Procida, Michele Zanchi

cantastorie, Fabio Midolo
pianoforte Giulio Galibariggi

direzione musicale, Andrea Gottfried
allestimento, Fabio Midolo

Sinossi
L’azione si svolge nel 1282. Mentre i soldati francesi invasori festeggiano in una piazza di Palermo, Elena, duchessa e sorella del duca Federico d’Austria, dichiara espressamente il desiderio di vendicare il fratello, giustiziato l’anno prima. I soldati francesi, per sfregio, la invitano a cantare una canzone siciliana, ed Elena canta un’aria che incita alla rivolta i siciliani. Sta per scoppiare una sommossa, ma l’arrivo del governatore Monforte atterrisce i siciliani.
In quel momento Elena viene raggiunta da Arrigo, giovane siciliano arrestato su ordine di Monforte, ma, inaspettatamente, liberato dal tribunale: anche il giovane esprime il suo odio per il governatore, senza riconoscere Monforte ancora accanto a loro, il quale si svela. Monforte ordina di rimanere solo con il ragazzo, verso cui dimostra uno strano interesse, chiede al giovane informazioni sulla sua vita e sulla sua carriera militare; il francese offre ad Arrigo di diventare ufficiale dell’esercito, ma il giovane rifiuta inorridito, e sprezza l’ordine del governatore di star lontano da Elena e dai ribelli siciliani.
Giovanni da Procida, patriota siciliano, è appena sbarcato dopo tre anni di assenza, in cerca di alleati contro la Francia per la liberazione della Sicilia. Viene raggiunto dai suoi fedeli alleati, tra i quali Elena ed Arrigo, che discutono con Procida sul modo con cui indurre i Siciliani alla rivolta.
Arrigo rivela il proprio amore ad Elena, la quale confessa di ricambiarlo, ma la donna lo esorta a compiere dapprima la vendetta del fratello. Appaiono i soldati di Monforte che riportano ad Arrigo l’invito di Monforte per il festino che si svolgerà la sera stessa nel suo palazzo; di fronte al rifiuto del ragazzo, i soldati lo portano con la forza dal governatore.
Nel frattempo, si stanno svolgendo i festeggiamenti per il matrimonio di dodici coppie siciliane, tra cui Ninetta, dama di compagnia di Elena; i soldati francesi osservano le ragazze, e, istigati da Procida che cerca in tutti i modi un pretesto per smuovere i cuori impauriti dei siciliani, assaltano il banchetto rapendo le spose. Il popolo siciliano, infuriato e ferito nell’onore, viene spronato da Elena e Procida alla vendetta, mentre da lontano riecheggiano le voci degli invitati al festino di Monforte.
Monforte rilegge una lettera inviatagli da una donna siciliana: costei, rapita e violentata da lui, gli aveva dato un figlio che, una volta liberata, gli aveva sempre negato di rivedere. Anni dopo, la donna in una lettera gli riscrive, chiedendogli la grazia per il figlio e svelandogli la sua identià: Arrigo, il prigioniero. Monforte, turbato, spera di poter ritrovare in Arrigo l’affetto filiale che gli è sempre mancato: tuttavia il giovane, portato al suo cospetto e informato delle sue origini, si dimostra tutt’altro che entusiasta di scoprire l’identità del padre, conscio di aver perso per sempre l’amore dell’amata.
Durante una festa, Arrigo si imbatte in Elena e Procida, mascherati tra gli ospiti, che gli confidano che Monforte verrà ucciso seduta stante, mentre fuori è già pronta la rivolta. Arrigo, inorridito, mentre Elena si avventa sul governatore, la disarma per difendere il padre. I cospiratori rimangono attoniti per il tradimento di Arrigo. Elena e Procida vengono rinchiusi in prigione, mentre Monforte e i francesi irridono al dolore dei siciliani ed esultano per l’eroismo di Arrigo.
In carcere, Arrigo ha ottenuto il permesso dal padre di vedere per l’ultima volta Elena. La donna gli rinfaccia il tradimento, ma cambia atteggiamento quando Arrigo le rivela il motivo del suo gesto. Nel frattempo, Procida in carcere riceve la notizia che una nave mandata dal Re d’Aragona, alleato dei siciliani e nemico dei francesi, è in prossimità del porto di Palermo, pronta a dare manforte alla ribellione. Il momento dell’esecuzione di Elena, Procida e dei siciliani cospiratori si avvicina. Arrigo supplica Monforte di non ucciderli: il padre cede, a patto che Arrigo lo chiami “padre”. Arrigo si arrende, e Monforte non solo grazia tutti i condannati, ma gli concede di sposare l’amata Elena: la donna, dubbiosa, sta per rifiutare, ma Procida, approfittando della situazione favorevole, le intima di tacere.
Tutto è pronto per il matrimonio. Nel giardino del palazzo di Monforte, Elena riceve un’altra visita di Procida, che la informa che la sommossa scoppierà durante la funzione religiosa. La donna, sconvolta, si oppone, divisa tra l’amore della patria e quello verso Arrigo, ma non riesce ad impedire lo svolgimento del piano.
Giunto Arrigo, Elena, pur di annullare le nozze e quindi il compimento della strage, finge di voler rinunciare al matrimonio rinfacciandogli la morte del fratello Federico. L’uomo, disperato, si rivolge al padre che sopraggiunge: Monforte ordina lo svolgimento delle nozze, proprio nel momento in cui la campana del vespro suona, segno dell’inizio della sommossa. Il giardino viene invaso dai siciliani, che si scagliano sui francesi.

Messa in Spazio
Tutta l’azione scenica è ridotta in dodici quadri che vengono narrati e introdotti da un cantastorie nella più tipica tradizione siciliana. Le storie di personaggi, amori, vendette e tradimenti che si sono sviluppate intorno alla vicenda storica della rivolta del Vespro sono innumerevoli e la tradizione siciliana le ha raccolte con l’intento di portare tutto il popolo, nel corso dei secoli, a conoscenza dei fatti realmente accaduti e che insieme, se mossi dal senso di appartenenza comune, si può vincere l’oppressore. Non poteva sfuggire, durante il Risorgimento, un’occasione come questa date le vicende storiche che l’Italia stava vivendo così come non poteva sfuggire al Cigno di Busseto un soggetto così importante e rappresentativo.
Il nostro intento non è quello politico, ma certo quello culturale cioè portare a conoscenza un’opera così complessa attraverso il linguaggio dei cantastorie ed essere fedeli con l’intento della nostra compagnia e del progetto di FuroiOpera di portare il linguaggio del melodramma fuori dal teatro d’opera a conoscenza di tutti gli astanti.

 

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