Escher. Rettili, 1943, litografia E.02


Sul tavolo dello studio dell'artista c'è un quaderno da disegno, nel quale si vede un mosaico formato da figure a forma di rettile. Uno di questi animali è evidentemente stanco di stare immobile e piatto tra i suoi simili, per questo allunga una zampa al di là del bordo del quaderno e si distacca per entrare nella vita reale. Si arrampica sulla copertina di un libro per procedere su una squadra da disegno, fino all'apice di un dodecaedro. Dopo un breve riposo, passando su un portacenere, torna verso il basso sulla superficie piatta della carta da disegno, dove si inserisce fra i suoi vecchi compagni e riprende la sua funzione di elemento della divisione del piano. Nella litografia Rettili (1943), Escher ripropone con forza gli “strumenti” fondamentali dell'artista e le infinite potenzialità del foglio bianco, da cui prende forma, come in un gioco di prestigio e in maniera quasi magica, l'immagine: “Non ho mai voluto rappresentare qualcosa di mistico; quello che alcune persone giudicano misterioso, non è altro che un consapevole o inconsapevole inganno! Ho giocato ad un gioco, mi sono sbizzarrito in immagini mentali con nessun altro scopo se non quello di indagare le possibilità della rappresentazione stessa. Tutto ciò che presento nelle mie opere sono notizie circa le mie scoperte.” Il disegno è illusione, suggestione invece che realtà; ma rappresenta anche un forte atto di resistenza per rendere possibile l'impossibile.