Nel luglio del 1911 Giorgio de Chirico parte con la mamma per aggiungere il fratello Andrea (Alberto Savinio) a Parigi e trovare un palcoscenico per la rivelazione sbocciata in un pomeriggio autunnale a Firenze, quando in preda a forti crisi di "nera malinconia" vide le cose con occhi nuovi.
In autunno dipinge poco, forse solo il ritratto della madre, che chiude - con il ritratto del fratello del 1910 e il suo autoritratto - il trittico familiare.
Gemma, la masde, posa di profilo con il vestito nero davanti a una suggestiva finestra, che si apre su un cielo rarefatto, verde veronese con riflessi gialli e ocra: un cielo che amplifica uno spazio vuoto.
Il ritratto della madre sembra dialogare con un autoritratto coevo: madre e figlio, chiusi nella stanza della meditazione, sembrano interrogarsi con guardo malinconico sul senso enigmatico della vita.
"Schopenhauer e Nietzsche" - scrive l'artista - per primi mi insegnarono il non senso della vita, e come tale non senso potesse venire trasformato in arte"