Salvatore Pizzarello iniziò sin da piccolo a dedicarsi al disegno, assecondando una passione che incrementò soprattutto a partire dal 1923, anno del suo trasferimento a Pisa, sua nuova e definitiva patria. Qui si dedicherà totalmente all’attività pittorica, diventando ben presto una delle personalità di riferimento artistico della città, grazie anche ad una precoce ed intensa attività espositiva, che prese le mosse in abbondante anticipo sull’anno del suo diploma alla Scuola d’Arte di Lucca (1936). Divenuto nel 1940 insegnante di Disegno Architettonico presso l’Istituto Tecnico Industriale, nel 1946 fu nominato assistente di Disegno presso la facoltà d’Ingegneria. Vivace e attivo organizzatore culturale e animatore del panorama artistico locale, Pizzarello vantò frequentazioni anche al di fuori della ristretta cerchia pisana, fino ad intessere una proficua amicizia con Oskar Kokoschka, il cui stile non mancò di riflettersi su quello del nostro artista.
La tela, una delle più intense ed emblematiche della ricerca di Pizzarello, appare come l’interpretazione di un soggetto ampiamente affrontato a Pisa a partire dalla fine del XIX secolo: quella del vecchio lavoratore solo e assorto e di profilo. Il Contadino presenta stringenti affinità iconografiche e compositive con l’acquaforte del 1926 di Giuseppe Viviani raffigurante il Barcaiolo di Bocca d’Arno, e a loro volta rimontano tutti a quel Nonno cieco di Francesco Gioli del 1880, che fece da apripista alla maniera solenne di affrontare il tema della muta dignità degli umili. Il dipinto, datato 1935, è da identificare con tutta probabilità in quel Bartolo presentato alla VI Mostra Sindacale del 1935.