Le opere di Henri Toulouse Lautrec nel 2015 hanno animato le sale espositive di Palazzo Blu: ad accoglierci erano i chiassosi manifesti che immortalavano le celebrità del tempo, a cui seguivano litografie che, come in istantanee fotografiche, omaggiavano il teatro, per terminare con un approfondimento sulla sua multiforme attività di pubblicitario.
Frequentatore assiduo di café - concerto e teatri, di case chiuse come di ippodromi, Toulouse Lautrec ha raccontato la varietà del quartiere bohémien di Montmartre di fine ‘800.
L’artista francese, di nascita aristocratica, si ritrova a dover affrontare in giovane età la sfida più crudele: accettare, ma soprattutto far accettare, la sua diversità fisica. Lui che aveva imparato a percepire le sottili sfumature delle reazioni delle persone, affina uno sguardo acuto e sensibile con cui osserva e ferma in immagine il mondo circostante. E non si farà scrupoli a raccontare né le ipocrisie del mondo borghese né la miseria delle classi sociali più basse, senza tuttavia avere un intento moraleggiante o un fine di denuncia sociale.
Toulouse Lautrec si limita a smascherare quello che è disperatamente celato, restituendo in un certo modo lo sguardo che gli altri gli rimandano.
La vita dell’artista è stata un atto di forza per riuscire a controllare la propria esistenza a dispetto della famiglia, che lo avrebbe voluto ritirato in una delle sue proprietà, e per ottenere il riconoscimento della propria arte al di là dell’ingombrante curiosità destata dalla sua fisicità.