È possibile seguire il cammino del genere della natura morta nella carriera artistica del Volpi, attraverso una serie di passaggi successivi che lo hanno portato da una visione ancora legata al dato naturale fino ad una sperimentazione tale da condurlo a esiti astrattivi e di sintetismo geometrico estremo. La Natura morta in questione potrebbe essere stata realizzata nel corso degli anni ’50, grazie ad un possibile accostamento a dipinti di simile soggetto, fattura ed esecuzione, collocabili, quali con maggiore, quali con minore approssimazione, in quell’arco di tempo. In effetti la resa volumetrica della frutta in primo piano, adagiata su un piatto, tradisce forse ancora qualche insicurezza prospettica; tuttavia la composizione rivela un maturo senso della forma, costruita attraverso un sapiente utilizzo del colore e della luce. Proprio questa sua capacità di raccontare il mondo affidandosi “al colore inteso con razionale funzione costruttiva e poetica”, emerge come tratto distintivo e qualità indiscussa nelle opere del Volpi. Un richiamo al modo di trattare forma e colori dei fauves rimane ancora doveroso, anche se cercare di ridurre la figura di Volpi all’interno di una o un’altra corrente od esperienza pittorica italiana o europea potrebbe apparire abbastanza fuorviante. La rappresentazione di nature morte diviene efficacemente, nel suo caso, momento di continua sperimentazione che porterà ad esiti sempre più avanzati fino a introdurre le prime scomposizioni di piani di stampo cubista proprie delle opere riferibili all’ultimo periodo della sua attività.
Natura morta, olio su tavola
Periodo: XX