Ad una figura distesa, singolarmente avvolta dalle sue stesse braccia e gambe, schematizzata in forme semplici e quasi arcaiche, nella quale Raffaele De Grada riconosceva un esempio di “primordialismo sironiano”, è affidato il compito, risolto dal Volpi in maniera abbastanza criptica, di spiegare visivamente quanto simbolicamente racchiuso nella parola “Archeologia”.
Il dipinto, in cui la gamma cromatica è accordata sui toni scuri ma allo stesso tempo caldi delle terre, con qualche eccezione nei chiari o nelle virate verso i blu della figura protagonista, riveste un ruolo di primo piano nel percorso artistico del Volpi: databile nel 1946, questa si discosta in maniera netta dalle opere della fase iniziale e rappresenta quasi un preludio di quanto accadrà nella sua pittura dagli anni ’60 in poi. L’opera fu esposta a Pisa in Palazzo Lanfranchi nella monografica dedicata al pittore occorsa nel 1983, e poi di nuovo a Milano alla Galleria Seno nel 1986.