Umberto Vittorini, nato a Barga da padre pisano, si stabilì giovanissimo a Pisa, dove fino al 1907 studiò Arte Decorativa presso l’Istituto Tecnico Industriale e poi nella Scuola d’Arte di Lucca. Allievo di Edoardo Gordigiani, si orientò su corde neocezanniane, forse anche in virtù di un probabile soggiorno a Parigi. Nel 1930 Vittorini ottenne la cattedra di pittura all’Accademia di Belle Arti di Brera, dove stette fino agli anni della pensione pur mantenendo continui contatti con Pisa, siglati da un carnet di quadri di soggetto pisano praticamente senza significative cesure temporali. Vittorini partecipò inoltre a numerosissime esposizioni nazionali e internazionali.
Il dipinto, noto anche come Campagna barghigiana, di salda intonazione ‘francese’, prodotto di un artista fattosi milanese che traguardava Cezanne attraverso gli occhi di Carrà, costituisce uno degli esempi più brillanti di quel tema lungamente svolto da Vittorini, consistente nello studio della campagna toscana a lui più cara, come se la distanza fisica da quei luoghi gli avessero consentito un approccio più meditato, depurato da ansie descrittive troppo insistite. Da qui per l’appunto l’adozione di una pennellata grumosa e intatta. Il dipinto venne presentato dal pittore alla Biennale di Brera del 1932. In quell’occasione venne esposto e repertoriato col titolo che qui ripristiniamo, e accompagnato da un altro suo Paesaggio (La casa di Giovanni Pascoli) e da quattro acqueforti di soggetto non specificato. Sul retro il dipinto reca anche un cartellino, cancellato, attestante la partecipazione alla “XVII Esposizione Internazionale d’Arte – Venezia 1930”, con prezzo di vendita di £. 7.000. In realtà in quella occasione Vittorini si presentò alla prestigiosa rassegna veneziana con un Autoritratto, e del quadro in esame non resta traccia nei cataloghi della mostra.