Umberto Vittorini, nato a Barga da padre pisano, si stabilì giovanissimo a Pisa, dove fino al 1907 studiò Arte Decorativa presso l’Istituto Tecnico Industriale e poi nella Scuola d’Arte di Lucca. Allievo di Edoardo Gordigiani, si orientò su corde neocezanniane, forse anche in virtù di un probabile soggiorno a Parigi. Nel 1930 Vittorini ottenne la cattedra di pittura all’Accademia di Belle Arti di Brera, dove stette fino agli anni della pensione pur mantenendo continui contatti con Pisa, siglati da un carnet di quadri di soggetto pisano praticamente senza significative cesure temporali. Vittorini partecipò inoltre a numerosissime esposizioni nazionali e internazionali.
Opera di forte impianto francese, teso a consertare evidenti richiami alla pittura di Cezanne con risorse cavate dal confronto con quella più prossima, ma ugualmente filogallica, di Ardengo Soffici. La tavoletta anticipa comunque certe insistite vedute barghigiane di Vittorini, di cascinali dalle mura sode emergenti dal verde lì nelle coste attorno al suo paese natale, e che scandiranno regolarmente i suoi percorsi figurativi fino agli estremi. Il problema semmai suggerito da questa Campagna è per l’appunto quello di una più generale riconsiderazione della pittura toscana dei primi decenni del secolo scorso tra l’urgenza di un ancoraggio a quel gran costrutto sodo e compatto della pittura rinascimentale – velato, ma non troppo, dal vivo ricordo della Macchia -, e l’altro di un rinnovamento fuori dalle diversioni futuriste.