Nato a Sarajevo da padre istriano e da madre boema, Pizzarello iniziò sin da piccolo a dedicarsi al disegno, assecondando una passione che incrementò soprattutto a partire dal 1923, anno del suo trasferimento a Pisa, sua nuova e definitiva patria. Qui si dedicherà totalmente all’attività pittorica, diventando ben presto una delle personalità di riferimento artistico della città, grazie anche ad una precoce ed intensa attività espositiva, che prese le mosse in abbondante anticipo sull’anno del suo diploma alla Scuola d’Arte di Lucca (1936). Divenuto nel 1940 insegnante di Disegno Architettonico presso l’Istituto Tecnico Industriale, nel 1946 fu nominato assistente di Disegno presso la facoltà d’Ingegneria. Vivace e attivo organizzatore culturale e animatore del panorama artistico locale, Pizzarello vantò frequentazioni anche al di fuori della ristretta cerchia pisana, fino ad intessere una proficua amicizia con Oskar Kokoschka.
L’opera costituisce un interessante resoconto della città di Pisa in anni prossimi al dopoguerra. Si tratta d’immagini non canoniche e risolte mediante punti di vista arditi e sperimentali, finalizzati alla costruzione di una iconografia della sua città adottiva in gran parte inedita, fuori dai normali passaggi turistici. Alla base di una simile ricerca, realizzata con una tecnica – quella dell’olio diluito – che bene si prestava all’appunto veloce e alla trascrizione immediata e pregnante, stava evidentemente un progetto inconfessato ma assolutamente ambizioso, che poi era quello di rivedere Pisa con occhi nuovi.