Curzio Rossi insegnò a lungo Pittura decorativa presso l’Istituto Tecnico Industriale di Pisa. Svolse anche il mestiere di artigiano dedito alla pittura decorativa e ornamentale, che spese sulle pareti di numerose ville e palazzi del capoluogo e dell’immediata campagna. A tale attività Rossi affiancò quella di restauratore, culminata nell’intervento sulla cupola del Riminaldi in Duomo. Si dedicò poi ad una interessante attività di pittore da cavalletto, i cui risultati sono però oggi di difficile delimitazione dal momento che il pittore ha distrutto la maggior parte dei suoi quadri perché non soddisfatto degli esiti raggiunti.
Curzio Rossi presentò La Vendemmia in almeno due occasioni pubbliche: la Quinta Mostra Sindacale del 1934-1935, e la Nona del 1939, considerando evidentemente la tela come un suo capodopera. L’artista affrontò la pittura da cavalletto con l’ambizione di una maniera larga, non lontana dal recupero di una norma quattrocentesca (evidente soprattutto nell’acre disinvoltura degli sfondi), rivista con gli occhi dei pittori toscani a lui coevi: Rosai ma soprattutto Soffici, attraverso il quale si avvicinò anche alla lezione di Cézanne.