Per Federigo Severini, rinomatissimo ingegnere attivo a Pisa e lungo la fascia costiera della Toscana a partire dagli anni Venti del Novecento, l’attività pittorica costituì una sorta di respiro creativo dalle cure professionali, che svolse tuttavia con assidua e pertinente serietà. Formatosi probabilmente come pittore presso Giulio Luperini, Severini intraprese assai precocemente l’esercizio pittorico. Si impegnò nella ricerca di un naturalismo sapido e colto, ricco d’inflessioni post-macchiaiole in senso lato, e che bene esibì in numerose partecipazioni a mostre personali e collettive. Partecipò con assidua costanza ai principali eventi artistici della Pisa protonovecentesca, non mancando di segnare con la sua costante presenza le Sindacali locali, dove si distinse per serie di quadri dai positivi riscontri critici. Come ingegnere, sono da segnalare numerose ville ed edifici pubblici a Viareggio, Carrara e soprattutto a Pisa (il palazzo delle Poste, la facoltà d’Ingegneria, l’Arena del Littorio, il piano regolatore di Tirrenia).
La tavoletta raffigura uno dei molti motivi tratti da Severini da Marina di Pisa; tuttavia, il tema qui documentato della spiaggia desolata, più che quello della città delle vacanze, costituisce una delle varianti più espressive del pittore. Nel 1988 il dipinto venne presentato alla retrospettiva di Severini a palazzo Lanfranchi, dove venne proposto con una datazione intorno al 1934, che forse spiegherebbe anche la vicinanza stilistica dell’opera alla vena di Ferruccio Pizzanelli e di Moses Levy (la data, impressa a macchina sul retro, è parzialmente illeggibile, e potrebbe leggersi anche “1954”).