Del 1932 è la prima esposizione personale di Mino Rosi, seguita, soltanto due anni dopo, dalla partecipazione alla Biennale di Venezia. L’assidua partecipazione agli eventi romani – fin dal 1935 -, andò di pari passo con la costante presenza del Rosi alle mostre d’arte italiana all’estero organizzate dalla Biennale di Venezia, momenti di crescita professionale e personale dovuti anche agli inevitabili contatti con le personalità di spicco del panorama artistico italiano: De Pisis, Casorati, Morandi, Guttuso, Sironi, Severini, Viani e altri. Nel 1942 espose alla mostra del Disegno italiano contemporaneo di Milano circa venti opere che, notate dall’architetto Giò Ponti, gli valsero un invito di collaborazione alla rivista da questi diretta «Lo stile». Nel 1946 fu invece lui stesso a fondare e dirigere «Paesaggio», rivista di letteratura e arte, importante iniziativa in una Pisa devastata dalla guerra. La sua esperienza non si limitò al campo della pittura o dell’attività grafica, ma abbracciò differenti mezzi e tecniche artistiche come la lavorazione del mosaico e delle vetrate istoriate.
Nel 1960 la morte dell’unico figlio interruppe la sua produzione artistica, lasciando spazio a un lungo periodo dedicato esclusivamente all’insegnamento e alla formazione dei giovani artisti. Soltanto nel ’78 tornò all’attività pratica: seguì una numerosa serie di dipinti a pastello, paesaggi tratti per la maggior parte da precedenti viaggi all’estero. Alla vitale attività artistica Mino Rosi accostò un impegno altrettanto sentito in ambito istituzionale: partecipò alla Commissione Nazionale per il restauro e la conservazione del Camposanto pisano, nonché a quella per la tutela delle Bellezze Naturali e dell’Ambiente presso la Soprintendenza di Pisa; fu per più di trent’anni deputato dell’Opera della Primaziale Pisana.
Il Ritratto di Francesco Orsini, pur mancando una datazione precisa, sembra ascrivibile ad una fase decisamente iniziale della carriera di Rosi, quando la cultura toscana di matrice accademica, del resto mai abbandonata totalmente, era ancora predominante e quasi esclusiva nell’ambito della sua formazione. Francesco Orsini è rappresentato a mezzo busto, le spalle frontali, il volto leggermente girato di tre quarti; la figura è inserita all’interno di uno spazio ovale che definisce lo sfondo. L’impianto tradizionale rimanda al filone della ritrattistica toscana ottocentesca, assai lontano, quindi, dalle prove del Rosi degli anni ’40, o dalle numerose figure femminili del decennio successivo, emotivamente coinvolgenti e di taglio assai più intimo e personale, volto a sondare la personalità del personaggio raffigurato. Nel ritratto dell’Orsini, invece, dominano l’ufficialità della posa e la tradizionalità dell’impianto compositivo.