Virgilio Guidi nacque a Roma nel 1891 da una famiglia di artisti: il padre era scultore e poeta, il nonno architetto decoratore. Nel 1911 si iscrisse all’Accademia di Belle Arti sotto la guida di Giulio Aristide Sartorio. Nel 1915 partecipò alla III Esposizione Internazionale d’Arte della Secessione romana. ma continuò il suo percorso artistico rimanendo abbastanza distaccato dalle avanguardie. Nel 1920, 22 e 24 fu presente alle Biennali di Venezia, dove acquistò a poco a poco grande considerazione anche a livello internazionale, soprattutto con l’esposizione di Tram (1924), assai apprezzato dalla critica. Nel 1927 ottenne la cattedra di pittura all’Accademia di Belle Arti di Venezia. La città lagunare ispirò a Guidi un’amplissima produzione artistica tra cui ricordiamo uno dei suoi capolavori, la Giudecca, ma la città rimase sempre ostile al pittore, al punto da costringerlo a trasferirsi a Bologna otto anni dopo. Nel1944, spinto dall’incalzare della guerra, abbandonò Bologna per ritornare a Venezia; nel 1946 iniziò a dedicarsi oltre che alla pittura anche alle opere grafiche. Due anni dopo prese parte alla XXIV Biennale di Venezia, la prima del dopoguerra, con una importante serie di Figure nello spazio che riscossero grande successo di pubblico e di critica. Nel 1951 iniziò i cicli Cielo antico e i Giudizi, mentre contemporaneamente si accostava sempre di più al Movimento Spazialista. Tra la fine degli anni ’60 e l’inizio degli anni ’70 si datano i nuovi cicli delle Grandi teste, delle Marine spaziali, delle Geometrie spaziali e dei Grandialberi. Nel 1971 venne inaugurata al Palazzo dell’Archiginnasioa Bologna una grande antologica curata daFrancesco Arcangeli, mentre nel ’72, in occasione dellecelebrazioni leopardiane, Recanati dedicò l’apertura dellamanifestazione alla poesia guidiana. Nel 1980 Guidi donòal Comune di Venezia ottanta opere con le quali venneinaugurato a Palazzo Fortuny il museo Guidi; quattro annidopo il pittore morì a Venezia mentre era ancora in corsoun’esposizione dei suoi ultimi dipinti.
Le morbide ed allo stesso tempo sincopate linee che definiscono i tratti di questo Volto sono in questo caso affidate alla litografia, la tecnica che probabilmente più si confaceva a trasmettere quell’esigenza di luminosità che resta il tratto peculiare di tutta la produzione dell’artista. La figura femminile appare ancora drammaticamente rilevata dal contrasto tra luce e ombra “che dà profondità esistenziale all’appiattirsi delle forme sulla superficie”; i segni si rarefanno, senza intrecciarsi, per lasciare che lo spazio venga creato per assenza, per zone ampie, colorate o lasciate a fondo chiaro.