Wassily Kandinsky, Improvvisazione, 1913
In questa Improvvisazione (1913) dal tono musicale e dal movimento fulmineo scorgiamo molti degli elementi che, a detta di Kandinsky, potevano fungere da “ponti oggettuali” per avvicinare lo spettatore all’immensa forza dei colori e al “contenuto interiore”.
La città russa su una collina è il baluardo vagheggiato di una spiritualità da raggiungere; gli innamorati sulla sinistra, con lunghe vesti rosse e blu - colori tradizionalmente usati nell’iconografia della Madonna - richiamano il lessico di una cultura ancora pura come quella delle fiabe e indicano la necessità di un’unione tra l’energia umana e la profondità. Soprattutto, il cavallo azzurro lanciato a gran velocità con un arciere che si volta verso un nemico esterno al quadro, indicava il programma del Cavaliere Azzurro di Kandinsky e Franz Marc: la lotta contro il materialismo e a favore di un’età spiritualmente rinnovata.
“Il cavallo porta il cavaliere con forza e velocità - diceva Kandinsky -ma è il cavaliere a guidare il cavallo. Allo stesso modo, il talento trascina l’artista con forza e rapidità, ma l’artista conduce il suo talento”
Wassily Kandinsky, Composizione su bianco, 1920
Sebbene la Rivoluzione d’Ottobre avesse privato Kandinsky di molti dei beni di famiglia, gli fornì anche grandi possibilità di sviluppo dei suoi ideali artistici: chiamato prima a organizzare una rete di musei di provincia, nel 1920 Kandinsky entrò nell’Istituto di Cultura Artistica, dove presentò il suo programma didattico. Nello stesso anno però, Kandinsky visse anche un grande dolore privato: la morte del figlio Volodia, che ancora non aveva tre anni.
Il significato profondo di questi eventi sembra fondersi nella Composizione su bianco (1920) che si trovava quasi al termine della mostra, in cui il nucleo nero da cui armonicamente si espandono forme e colori in toni ovattati dal bianco che tutto racchiude sembra proporre il contrasto tra i colori più silenziosi e assoluti di cui si parlava nello Spirituale dell’arte: quello tra “l’eterno silenzio senza futuro e senza speranza che risuona dentro di noi” e “un nulla prima dell’origine, prima della nascita: forse la Terra risuonava così, nel tempo bianco dell’era glaciale”.
A dieci anni di distanza dal suo primo acquarello astratto, Kandinsky era pronto ad abbandonare qualsiasi ponte oggettuale e a chiederci di lasciare che il quadro agisse su di noi con la forza esclusiva della sua vita interiore. Era un insegnamento in contrasto con i fini dell’arte propugnati dai costruttivisti russi, ma sostenuto dal nascente Bauhaus, che accolse il pittore russo e lo rese Maestro dopo il definitvo, sofferto addio alla sua terra madre (1921).
© 2012, State Russian Museum, St. Petersburg