Toro

“A otto anni disegnavo come Raffaello, mi ci è voluta una vita intera per imparare a dipingere come un bambino”, diceva Picasso, e la serie Tori è forse il più eccezionale documento del suo itinerario creativo.

In undici disegni Picasso passava dalla rappresentazione di un toro così dettagliato da sembrare uscito dal tratto di Dürer alla rappresentazione pura, essenziale e giocosa di un animale disegnato per mezzo di una sottile linea o poco più. In mezzo, in un processo di marcata semplificazione, si avvicendavano scomposizioni e deformazioni che riprendevano un lessico elaborato in anni di analisi cubista del reale, suggestioni arcaiche e una buona dose di divertimento.
“Il movimento del mio pensiero mi interessa più del pensiero stesso”, sosteneva Picasso, che nel suo procedere veloce e vorace, quasi in stato di trance, sembrava spesso rincorrere un’idea nella sua forma più essenziale, passando attraverso le metamorfosi che il cervello segue nel tentativo di concretizzare il suo sogno.
Il toro, va da sé, non era per Picasso un soggetto qualsiasi: alludeva alla corrida, dramma fondativo nella mitologia dell’artista e nel quale, spesso, tendeva a immedesimarsi.

 
Toro, quinto stato
 
Toro, undicesimo stato
 
Toro, nono stato
 
Toro, sesto stadio
 
Toro, terzo stadio
 
Toro, quarto stato


Jacqueline, la linoleografia e il rapporto di Picasso con le donne

Alla fine degli anni Cinquanta, quasi ottantenne, Picasso si cimentò con una tecnica per lui ancora ignota: l’incisione su linoleum.

La tecnica permetteva di lavorare molto velocemente, a grandi tratti, e ben si adattava all’impeto creativo dell’artista, sempre alla ricerca di nuovi stimoli di indagine. Diverse litografie che produsse erano dedicate a Jacqueline Roque, che qui è ritratta frontale, con pochi tratti definiti, grandi occhi pieni di vita. L’incisione colpisce per i colori caldi, quelli della Spagna, che Picasso - da tempo residente in Costa Azzurra - non vedeva da più di venticinque anni.
Jacqueline era una bella donna di Arles, dal profilo greco e dai modi eleganti e un po’ austeri che Picasso sposò nel 1961: aveva 45 anni meno dell’artista.
Tra le muse di Picasso, Jacqueline fu la più ritratta. A lei il pittore dedicò più di quattrocento opere; era affascinato da quello che riteneva il carattere spagnolo della sua bellezza. Ma Jacqueline fu solo l’ultima di un universo popolato da donne che - nelle opere del maestro - sono spesso assalite con fare predatorio o scrutate anche nel sonno per carpirne i segreti e che - nella vita - furono spesso trattate con rudezza e fare manipolazione.
Fu così per Olga Koklova, la prima moglie, costretta a confrontarsi con la giovane e docile amante Marie Thérèse Walter; fu così fu per la stessa Marie Thérèse, messa in competizione con l’inquieta e brillante Dora Mar, che di Picasso diceva: “non sono stata la sua amante. Lui era soltanto il mio padrone”; fu così, infine, per Françoise Gilot, che fuggì dall’artista e da una relazione di burrasche e violenza portando via le due figlie, mai riconosciute dal padre.
Jacqueline accompagnerà il marito fino alla morte di questi, nel 1973. Lei morirà suicida, tredici anni più tardi.

 
Jacqueline con gorgiera
 
Jacqueline
 
Jacqueline
 
Testa femminile con cappello con nappe


© Succession Picasso