Le opere di Henri Toulouse Lautrec nel 2015 hanno animato le sale espositive di Palazzo Blu:

ad accoglierci erano i chiassosi manifesti che immortalavano le celebrità del tempo, a cui seguivano litografie che, come in istantanee fotografiche, omaggiavano il teatro, per terminare con un approfondimento sulla sua multiforme attività di pubblicitario.
Frequentatore assiduo di café - concerto e teatri, di case chiuse come di ippodromi, Toulouse Lautrec ha raccontato la varietà del quartiere bohémien di Montmartre di fine ‘800.
L’artista francese, di nascita aristocratica, si ritrova a dover affrontare in giovane età la sfida più crudele: accettare, ma soprattutto far accettare, la sua diversità fisica. Lui che aveva imparato a percepire le sottili sfumature delle reazioni delle persone, affina uno sguardo acuto e sensibile con cui osserva e ferma in immagine il mondo circostante. E non si farà scrupoli a raccontare né le ipocrisie del mondo borghese né la miseria delle classi sociali più basse, senza tuttavia avere un intento moraleggiante o un fine di denuncia sociale.
Toulouse Lautrec si limita a smascherare quello che è disperatamente celato, restituendo in un certo modo lo sguardo che gli altri gli rimandano.
La vita dell’artista è stata un atto di forza per riuscire a controllare la propria esistenza a dispetto della famiglia, che lo avrebbe voluto ritirato in una delle sue proprietà, e per ottenere il riconoscimento della propria arte al di là dell’ingombrante curiosità destata dalla sua fisicità.


Introduzione alla mostra

Biografia

Henri Marie Raymond de Toulouse Lautrec Monfa (Albi 1864 – Malromé 1901) spende la sua vita breve vita tra l’osservazione attenta del mondo circostante, soprattutto intorno al quartiere di Montmartre dove vivrà per alcuni anni, e una sregolatezza incontenibile tra café-concerto, bordelli e il suo studio d’artista.

Nasce con una invalidante disabilità, che gli precluderà una vita normale come il semplice camminare, cerca riscatto e libertà di essere in quella che fin da bambino è una sua dote: l’attitudine al disegno.

Comincia a seguire le lezioni di René Princeteau a Parigi, il quale oltre ad essere un amico di famiglia è un affermato pittore di animali, mentre dal 1882 frequenta l’atelier del pittore Léon Bonnat.

Questi anni di formazione accademica sono preziosi per sedimentare quella che era una capacità innata. Seguono l’incontro con Vincent Van Gogh, che gli apre le porte verso il mondo non imitativo delle stampe giapponesi, la lezione di Edgar Degas e la fotografia, tutti stimoli che lo aiuteranno ad emanciparsi da un linguaggio ormai superato per creare un proprio stile.

La notorietà arriva con il manifesto Le Moulin Rouge, la Goulue nel 1891, che gli apre le porte verso numerose commissioni, tra manifesti ed album litografici, tra cui quello per Yvette Guilbert del 1894, e esposizioni. Negli anni successivi iniziano a manifestarsi sempre più marcatamente i sintomi dell’alcolismo, seguiti da episodi nevrotici, che lo costringono ad un ricovero in una clinica nel 1899. Viene dimesso dopo soli tre mesi, dopo aver dimostrato di essere in grado di disegnare a memoria episodi vissuti (la serie Il Circo), ma l’artista ripiomba nell’alcolismo da cui non esce più. Muore a soli trentasette anni assistito dalla famiglia.